Edmund Husserl
La
Fenomenologia
E. Husserl (1859-1938) nasce in
Moravia e studia matematica e psicologia a Vienna. La sua vita è quella del
docente e dello studioso, ritirata e priva di impegni politici. Parla di se
stesso come un “funzionario dell’umanità”. Essendo di religione ebraica
anch’egli subisce, tuttavia, le conseguenze della presa nazista del potere: per
due volte, a Friburgo, viene sospeso dall’insegnamento perché non aderisce al
regime (senza essere in alcun modo difeso dal rettore M. Heidegger, suo allievo
prediletto, ma iscritto al Partito nazista). Muore nel 1938, lasciando un
vastissimo corpus di appunti e inediti che solo gradualmente, dopo la guerra,
hanno cominciato ad essere pubblicati.
Crisi europea e perdita di significato delle scienze
Alla metà degli anni ’30 Husserl
presenta e analizza la crisi dell’umanità europea come crisi dovuta alle
scienze e come crisi delle scienze. La crisi riguarda il significato che le
scienze possono avere per l’esistenza umana. In un’epoca in cui ci si sente
sempre più in balia del destino, la scienza sfugge ai problemi del senso o
non-senso dell’esistenza umana. Le questioni del rapporto dell’uomo con il
mondo naturale e umano, quelle della libertà e delle decisioni che l’uomo deve
prendere: su tutto questo la scienza non ha nulla da dirci. Intorno al soggetto
che la scienza non riesce a fornire risposte, perché si limita ad essere solo
constatazione di ciò che è. Ma se ci si limita al mondo come un universo di
puri fatti, non si è in grado di riconoscere il “senso” della realtà,
dell’azione umana.
Secondo Husserl è arrivato il
momento di un nuovo Rinascimento, recuperando ciò che già il Rinascimento,
recuperando ciò che già il Rinascimento
aveva considerato essenziale nell’uomo antico: una considerazione razionale del
mondo, regole per la vita umana fondate sulla pura ragione. “Una conoscenza
universale del mondo, libera dai vincoli del mito e della tradizione”, libera
dai pregiudizi, fa conoscere la razionalità del mondo, la sua finalità e “il
loro più alto principio: Dio”. Una visione razionale della realtà e una
capacità di plasmare la vita umana secondo razionalità: ecco ciò che manca.
In tale ambito è riaffermato il
primato della filosofia, una filosofia capace di rendere libero l’uomo, una
filosofia concepita non come attività privata e personale, ma come attività per
l’uomo: “Noi siamo, nel nostro filosofare, funzionari dell’umanità”.
La filosofia come scienza rigorosa
Husserl intende affermare la
filosofia come scienza rigorosa. Nella Filosofia
come scienza rigorosa, egli critica la visione ristretta, riduttiva,
del sapere scientifico che avevano i Positivisti, i quali riducono tutto a
processi misurabili e quantificabili, giunge a considerare come una cosa anche
la coscienza, a trasformarla in una realtà inerte, dimostrandosi del tutto
incapace di dare e di trovare un “senso” alla realtà. Critica anche il
psicologismo e il suo impegno mira a liberare l’uomo non solo dai presupposti e
dai condizionamenti della psicologia, ma anche della metafisica: una ricerca
volta ad individuare il fondamento originario, assoluto, della conoscenza.
L’epoché e la fenomenologia trascendentale
“Tornare alle cose” è il motto
della filosofia di Husserl. E’un ritorno arduo, perché muove da una messa in
discussione delle “certezze” immediate che l’uomo ha di sé, del mondo e degli
altri. Bisogna abbandonare la “sicurezza” della rappresentazione naturale e
ingenua del mondo per giungere alla visione fenomenologica, intesa come visione
scientifica dei fenomeni. La Fenomenologia, infatti, è scienza dei fenomeni, intesi come ciò che è
dato immediatamente e con evidenza alla coscienza. Come Kant, Husserl cerca i
principi fondativi dell’esperienza fenomenica; oltre alle forme pure e a priori
dell’intuizione e le categorie dell’intelletto, viene indagato l’insieme dei
principi della soggettività della coscienza (la quale comprende anche
sentimenti, ricordi, volontà, percezioni..).

Secondo Husserl non ci troviamo
subito dinnanzi alle cose, cioè ai fenomeni nella loro evidenza, ma in una
situazione falsata da pregiudizi così consolidati e stratificati da apparirci
come ovvi e normali. Per arrivare al fenomeno bisogna “mettere fra parentesi”
sia l’atteggiamento spontaneo e naturale che conduce gli uomini ad accettare il
mondo circostante così come si presenta, sia l’atteggiamento proprio delle
scienze. Questa è la porta d’ingresso della fenomenologia: l’epoché, la
riduzione fenomenologica. E’ un atto di “sospensione dell’assenso” (Il concetto
di assenso, lat.assensus da assentire: approvazione,
inteso come adesione volontaria della ragione alla realtà rappresentata e
percepita in primo grado sensorialmente) che non ci fa più considerare
“normale” una considerazione dei fenomeni come cose. L’epoché ci consente di
assumere un punto di vista diverso, di poter indagare la realtà nel suo
rapporto autentico con il soggetto che la conosce. In Husserl , comunque,
l’epoché non ha il significato radicale che gli aveva attribuito Cartesio
(dubbio metodico). Infatti non mette in discussione tutto il sapere, né
arrivare ad uno scetticismo radicale. La sua non è una negazione scettica del
mondo, ma il superamento dell’idea che il mondo sia come a “portata di mano”,
pronto per essere da noi usato e “maneggiato”. L’atteggiamento del fenomenologo
non è manipolatorio, ma disinteressato, teoretico, contemplativo. E’ sguardo
che, nella sua purezza, descrive i processi che si svolgono nello scenario del
mondo.