ARTHUR SCHOPENHAUER
Molti tratti della filosofia di A. Schopenhauer
muovono da quella di Kant, che egli
considera il pensatore decisivo dell’età moderna. Un elemento che Schopenhauer
riprende dal kantismo, fino a farne il punto di partenza della propria
dottrina, è la distinzione tra fenomeno e noumeno. Per Schopenhauer la realtà,
naturalmente, è una. Ma da una parte ci sono i fenomeni, che sono da considerarsi
come semplici apparenze (ciò che egli chiama “velo di Maya”), dall’altra esiste la “vera realtà” che sfugge
alla conoscenza intellettuale. Dal primo punto di vista, il mondo è “rappresentazione”;
mentre dal secondo, esso è “volontà”. Questa,
per Schopenhauer, è la cosa in sé, il noumeno kantiano. Per il filosofo, il mondo al di là di ogni apparenza
fenomenica, al di là di ogni rappresentazione, è volontà. La realtà percepita, conosciuta attraverso i
sensi è solo un'interpretazione (la rappresentazione)
che ne dà il corpo e l’uomo non arriva
mai oltre la rappresentazione, ossia oltre il fenomeno. Per i filosofo, per
fare ciò bisogna lacerare il Velo di Maya che ci imprigiona in una convinzione
illusoria della razionalità del mondo e cogliere la realtà oltre l’apparenza e
l’inganno. Tutto nella natura è adempimento
della volontà che ci costringe a
compiere cieche pulsioni dettate dalla volontà stessa. Da qui il pessimismo del
filosofo : l’uomo si illude di essere libero, ma non è così; le sue azioni non esprimono nient’altro che
l’affermarsi di questa. La vita, che trascorre tra noia e dolore, appare del
tutto priva di senso.
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