giovedì 6 giugno 2013

ARTHUR SCHOPENHAUER







 Molti tratti della filosofia di A. Schopenhauer muovono da quella di Kant,  che egli considera il pensatore decisivo dell’età moderna. Un elemento che Schopenhauer riprende dal kantismo, fino a farne il punto di partenza della propria dottrina, è la distinzione tra fenomeno e noumeno. Per Schopenhauer la realtà, naturalmente, è una. Ma da una parte ci sono i fenomeni, che sono da considerarsi come semplici apparenze (ciò che egli chiama “velo di Maya”),  dall’altra esiste la “vera realtà” che sfugge alla conoscenza intellettuale. Dal primo punto di vista, il mondo è “rappresentazione”; mentre dal secondo, esso  è “volontà”. Questa, per Schopenhauer, è la cosa in sé, il noumeno kantiano. Per il filosofo,  il mondo al di là di ogni apparenza fenomenica, al di là di ogni rappresentazione, è volontà. La realtà percepita, conosciuta attraverso i sensi è   solo un'interpretazione (la rappresentazione) che ne dà il corpo e  l’uomo non arriva mai oltre la rappresentazione, ossia oltre il fenomeno. Per i filosofo, per fare ciò bisogna lacerare il Velo di Maya che ci imprigiona in una convinzione illusoria della razionalità del mondo e cogliere la realtà oltre l’apparenza e l’inganno.  Tutto nella natura è adempimento della volontà che  ci costringe a compiere cieche pulsioni dettate dalla volontà stessa. Da qui il pessimismo del filosofo : l’uomo si illude di essere libero, ma non è così;  le sue azioni non esprimono nient’altro che l’affermarsi di questa. La vita, che trascorre tra noia e dolore, appare del tutto priva di senso.

 

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